Focus NGE | Etica delle relazioni e struttura del mito – 7

Neon Genesis Evangelion, Etica delle relazioni e struttura del mito a cura di Aldo Pisano. Etica e struttura delle relazioni in Neon Genesis Evangelion | Parte 5

Di fronte all’ingestibilità di una macchina autonomizzata, senza pilota umano (proposto da una compagnia alternativa alla NERV) – Misato Katsuragi affermerà: «Più che nei miracoli, preferisco credere nell’agire umano».

Questo accade nel settimo episodio, intitolato appunto “A human work”. La differenza – fra l’automatismo assoluto della macchina e la capacità decisionale e pratica dell’uomo – si riflette, in Evangelion, anche nell’utilizzo di un duplice codice linguistico: (a) uno che fa riferimento a quelle che Dilthey definirebbe le Naturwissenshaften [it. scienze della natura], ossia un linguaggio fatto di dati, calcoli, numeri, definizioni fisico-matematiche che si avverte come enormemente estraneo e talvolta incomprensibile; (b) un secondo che invece fa riferimento alle Geisteswissenshaften [it. scienze dello spirito][1], quindi un linguaggio umano, fatto di definizioni fallibili, di risposte incerte, di ambivalenza emotiva. L’utilizzo dei due codici linguistici, sostanzialmente, fa sì che il primo venga maggiormente utilizzato nei primi due livelli della fig.1, con brevi incursioni, anche nel livello V (relazioni strette), quando, ad esempio, la dottoressa Ritsuko Akagi, nel quindicesimo episodio, riconduce allo stato psico-fisico del soggetto le nozioni biologiche di omeostasi e transistasi. C’è quindi la possibilità di una mutua contaminazione semantica tra i due codici linguistici. Non c’è da meravigliarsi, infatti che la relazione fra i due mondi – quello umano e quello tecnico-scientifico – è proprio ciò che connota in maniera sostanziale Evangelion, restituendo il nucleo problematico del rapporto natura-cultura.

Misato Katsuragi

Bisogna anche considerare che per i personaggi il ruolo che gli viene assegnato di piloti dell’“Eva” diventa essenziale, infatti Shinji sviluppa con questo una dipendenza forte. L’Eva è ciò che gli garantisce un ruolo, è ciò che gli garantisce di essere riconosciuto dal padre, è ciò con cui il protagonista sviluppa un rapporto di identificazione tale da conferire sempre maggiore consistenza alla sua identità personale, ma non ancora individuale.

Il terzo livello, procedendo verso il centro, è quello delle relazioni larghe, questo tipo di relazioni sono a carattere inclusivo, ossia tendono a comprendere al suo interno tutte le persone: «Al di là della cerchia degli eletti, la cortesia permette di sbarazzarsi di tutti gli individui che si trattano, secondo riti generali, in un modo che non concerne che la loro forma e non la loro realtà di individui; essa permette, reciprocamente, di nascondersi in un anonimato discreto e di sbarazzarsi di loro». [2] Nello specifico, il livello delle relazioni “larghe” è quello delle relazioni formali, qui l’incontro avviene ad un livello superficiale, in cui c’è un senso di estraneità forte; è anche il livello in cui maggiormente inizia a costituirsi la Persona, in virtù di un reciproco riconoscimento sociale. Per il protagonista Shinji, il gradiente di relazione su questo livello, sin dall’inizio della serie, è pari a 0 e lo rimarrà per molto tempo: infatti, Shinji è spesso in luoghi affollati, ma allo stesso tempo non è con nessuno, vive un isolamento che si manifesta nel continuo avere nelle orecchie le cuffie del suo mp3. Ma questo è chiaro, Shinji ha paura – stando al dilemma del porcospino e considerando la poca considerazione e stima che il padre ha di lui – Shinji è profondamente insicuro, ha forti difficoltà nel costruire un sistema di relazioni sano, il suo livello di comunicazione è nullo (almeno prima dell’esperienza dell’Eva). Questo livello delle relazioni, infatti, mostra una sorta di contrasto profondo fra interno ed esterno: il protagonista cammina per le strade della città, viaggia nelle metro, si muove nei corridoi scolastici ma seppure in mezzo a tutti, egli è completamente solo: l’alterità umana, quella conosciuta, non ha ancora assunto valore per il protagonista. Paradossalmente, per comprendere questo, Shinji dovrà compiere un viaggio verso l’interno.

Shinji Ikari

Il quarto livello è quello che si è definito “livello delle relazioni largo-strette”, o relazioni inclusivo-esclusive. In questo livello emergono le capacità empatiche del protagonista, le sue capacità di misurare, valutare e costruire il suo sistema di relazioni più intime. Questo livello, infatti, svolge un ruolo nevralgico in quanto costituisce il primo passo per accedere all’intimità dell’io, agli stadi più profondi del soggetto, spogliandolo sempre di più della sua forma esterna, per procedere verso la forma interna. Questo è il livello delle relazioni di amicizia, quelle che Shinji intrattiene con alcuni compagni a scuola o con altre figure per lui degne di “fiducia” quali alcuni componenti della NERV. È un livello di passaggio: a questo punto il protagonista decide a chi mostrarsi veramente, a chi inglobare nel V livello dell’ordine relazionale, quello più intimo (anche se ancora etero-referenziale rispetto all’io). In base alle esperienze della persona, del senso di empatia e comprensione che questa mostra, allora Shinji decide se è il caso di includerla all’interno del livello più profondo, che è anche quello più fragile: nel quinto livello, infatti, basta poco perché una parola o un atto possano avere una funzione determinante, tanto da provocare ferite inguaribili. Quando l’individualità si mostra significa la messa in atto di una condivisione anche di debolezze, e se su quelle debolezze si avvia un gioco subdolo si manipolazione, basta poco per ferire in maniera altrettanto profonda, tanto quanto lo è il livello della relazione. Shinji evolve o matura nel corso della serie, perché compie il passo decisivo: inizia a decidere chi deve o non deve entrare nella cerchia delle sue relazioni esclusive. Questo tipo di coinvolgimento nella propria esistenza significa una messa in gioco non solo di componenti cognitive, quanto anche emotive. Solitamente, chi è accolto veramente in questo livello, a sua volta accoglie secondo un’irrimediabile reciprocità che genera, talvolta, una forma di dipendenza. Così, Shinji, a conclusione della sesta puntata, collaborando in simbiosi con la bella e giovane Rei (pilota dell’Eva 00), la accoglie con due affermazioni: «Non devi dire che non hai più nessuno» e «Non devi dire più “arrivederci”, in quel modo freddo». Rei, infatti, è una ragazza profondamente introversa, poco espressiva, poco comunicativa (ancor peggio di Shinji), pare quasi apatica.

Rei Ayanami

Eppure, a conclusione del citato episodio, dopo essersi salvata la vita grazie a Shinji, Rei si “mostra” nella sua intimità versando una lacrima. Così inizia il “gioco della reciprocità”: l’io accoglie il tu, il tu accoglie l’io in maniera simbiotica, perché se l’uno entra nell’intimità dell’altro, questo non può che implicare un tacito meccanismo di accoglienza anche dell’altro verso l’uno. Secondo la Love scale di Rubin, infatti, perché vi sia tale reciprocità si valutano tre componenti: «attaccamento (il bisogno della presenza fisica e del sostegno dell’essere amato, il prendersi cura(un sentimento di coinvolgimento rispetto all’essere amato che si manifesta attraverso l’interesse e il desiderio di aiutare e sostenere), l’intimità(il desiderio di contatto stretto e confidenziale con l’essere amato in un’atmosfera di fiducia)»[3]. Questi tre elementi, ancora non si danno all’interno del IV livello, ma proprio quando entrano in gioco, allora si verifica lo scatto verso un livello relazionale più stretto e profondo. Secondo il modello sociologico proposto da Luhmann, la relazione fra sistema (ciò che è conosciuto) e ambiente (sconosciuto, esterno al sistema) poggia solidamente le basi sul concetto di familiarità:

La familiarità universale e costituitasi anonimamente del mondo in cui viviamo – compresi natura e relazioni fra individui – è, e resta il naturale fondamento dell’essere, la base pratica di tutti gli approcci intenzionali a obiettivi specifici. L’uomo si trattiene quotidianamente in questa zona intermedia senza particolari problemi di fiducia o di sfiducia. Ma egli non può vedere al costituzione intersoggettiva di questa base, così come non la percepisce come un problema, finché non è costretto a trasformare la fiducia in quella familiarità con il mondo oggettivo nel corso del processo di costituzione intersoggettiva di questo stesso mondo.

[…] nell’ambito della familiarità con il mondo quotidiano la fiducia è in primo luogo fiducia interpersonale (e perciò limitata). Essa serve a superare un elemento di insicurezza nei confronti degli altri individui, che viene vissuto come imprevedibilità dei cambiamenti di un soggetto. Man mano che cresce il bisogno di complessità, e l’altra persona entra in gioco come alter ego, come coautore di questa complessità e della sua riduzione, è necessario esternare la fiducia e reprimere quella che è l’originaria e indiscussa familiarità del mondo, anche se però questa non può essere completamente eliminata [4].

Dunque, partendo da ciò che è già familiare, mediante una messa in atto dello strumento-fiducia, si procede a una riduzione della complessità introducendo ciò che è “ambiente” nella categoria del “familiare” e ad una successiva integrazione dell’altro da un cerchio più esterno ad uno più interno.

Continua


  1. Cfr. W. Dilthey, Critica della ragione storica (a cura di P. Rossi), Einaudi, Torino, 1982.
  2. Polin, R., (1968) Éthique et … op. cit., p. 100.
  3. A.V., (2002) Psicologia sociale, Il Mulino, Bologna, p. 150. Grassetto nel testo.
  4. Cfr. N., Luhmann, (2000) Fiducia, Il Mulino, Bologna, 2002, pp. 32-33.
Amantea Comics

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