Focus OSCAR 2022 part 2 | I CINEFAMELICI

OSCAR 2022

C’È STATO ANCHE CINEMA!

Benvenuti nel regno de I CINEFAMELICI.

Qui si narra di tutto quel che è avvenne al gran galà della contea di Hollywood prima che un “principe” si levasse per difendere l’onore della sua “principessa” dalle ingiurie di un “giullare”, e nulla più si udì sulle più o meno meritate vittorie dei cavalieri nominati dall’Accademia di Re Oscar.

 No! Non lei, altrimenti avreste sentito altri inutili commenti.

Mah! I Cinefamelici sono impazziti o credono di stare in una favola animata d’altri tempi? Se fosse così, allora l’animazione sarebbe davvero il modo migliore per interpretare la realtà.

Vi va di provare un gioco con noi?

Se avete visto tutti e 5 i film candidati in questa categoria saprete già che, grazie al linguaggio universale e alla capacità di racchiudere in un’immagine la sintesi di qualsiasi tema il cinema possa affrontare in altre forme (con un po’ di fantasia), l’animazione è capace di offrire un punto di vista parallelo su ogni storia.

Dietrologia? Complottismo? Nah….pensiamo solo sia divertente notare le similitudini di forma e contenuto tra la cinquina che ha visto trionfare di nuovo la Disney con “Encanto” e alcuni dei film candidati in altre categorie:

ENCANTO ↔ CODA, I SEGNI DEL CUORE

Storia di una ragazza incompresa che fatica a far emergere il suo talento in una famiglia unita dalla propria “diversità”, che le vuole bene ma che non vede (o non sente) quanto lei sia speciale.

LUCA ↔ È STATA LA MANO DI DIO

Storia di un ragazzo curioso di scoprire cosa c’è fuori dal suo mondo che, grazie ad alcuni incontri speciali, vivrà esperienze più o meno felici che lo porteranno ad esprimere la sua vera passione (oltre quella per la Vespa).

I MITCHELL CONTRO LE MACCHINE ↔ DON’T LOOK UP!

Storia di un gruppo di improbabili coraggiosi che tenta di salvare la terra da una minaccia imminente che rivela tutta la stupidità degli esseri umani schiavi della tecnologia, del profitto e dell’apparenza.  

RAYA E L’ULTIMO DRAGO ↔ DUNE

Storia di un’antica terra, piena di ricchezze e magia, protetta da grandi creature capaci di creare un potere ambito da tutti i clan che, da centinaia di anni, combattono per il predominio su ciò che per alcuni è sacro.

FLEE ↔ BELFAST

Storia di un uomo che ricorda la sua infanzia felice nella città natale strappata via in un attimo dalla guerra, e le disavventure della sua famiglia costretta a scappare in un posto migliore.

Et voilà! Basta aver visto i film per riconoscere l’innegabile somiglianza. 

Come dite? 

Non li avete visti?!

Beh, correte subito a recuperarli allora perché, nonostante l’annata ancora in parte impoverita dalla pandemia e le delusioni di alcuni per certe premiazioni scontate ma non esattamente giuste, ci sono ottimi titoli che avreste dovuto vedere al cinema (sempre) e di cui potrete ammirare i pregi che gli sono valsi l’ambita statuetta.

Ma torniamo alla fatidica notte!

Tra la scelta infelice di tagliar fuori dalla premiazione live alcune categorie “tecniche”, evidentemente considerate meno importanti dal punto di vista dell’audience (ma per noi fondamentali), e il clamoroso e poco elegante episodio di cui basta aprire il web per sentir ancora parlare da giorni e giorni: non è stata proprio una delle edizioni più belle degli ultimi anni.

Prevedibile, poco originale e soprattutto poco coinvolgente.

Un evento che però, malgrado spesso dia più importanza al giudizio politico che a quello artistico riconoscibile in altre kermesse che premiano l’oggettiva qualità di un’opera cinematografica, resta il più grande canalizzatore dell’interesse globale verso l’aspetto più spettacolare e glamour della settima arte e questo, in un periodo di crisi diffusa su tutto il settore, è comunque da considerare positivo.

E poi, diciamolo: a noi diverte tanto seguirlo scommettendo come dei Cineludopatici.

And the winner is

Analizziamo alcuni dei premi più importanti e soffermiamoci sui film che vi consigliamo oppure no.

MIGLIOR FILM

Il film che, con più cuore e ironia di altri più meritevoli sotto molti punti di vista – ma non altrettanto importanti socialmente secondo gli standard dell’Academy -, è riuscito a portare un messaggio di inclusione e autodeterminazione di una minoranza poco raccontata fino al recente e bellissimo Sound of metal: le persone sorde. CODA – I segni del cuore (remake de La famiglia Belier) è l’inaspettata vittoria del cinema da piattaforma laddove persino Netflix continua a faticare per trovare posto tra i grandi. Un soft-drama familiare con spiccate doti di ironia “senza filtri”, che ci insegna a credere nei nostri sogni nonostante questi restino “inascoltati” dal nostro coraggio e da chi ci vuole bene. Grazie ad una storia adatta ad un pubblico universale e alle performance attoriali, si porta a casa anche il premio per la miglior sceneggiatura non originale e quello per il miglior attore non protagonista (un padre memorabile).

MIGLIOR ATTORE E ATTRICE PROTAGONISTI

È stato l’anno del se non ora quando!

Con una leggera disparità di merito che propende verso la performance femminile, Jessica Chastain per Gli occhi di Tammy Feye e Will Smith per Una famiglia vincente, vincono la statuetta più ambita entrambi interpretando due biopic. La prima, senza vere rivali, mantiene il suo talento pur trasformandosi in una maschera posticcia, che vale al film anche l’oscar al miglior trucco, e trasmettendo tutta l’ingenua sincerità di una predicatrice televisiva che crede nella menzogna che vende insieme al marito. Il secondo invece conferma le sue capacità drammatiche replicando pressoché lo stesso stile già impresso nella cinepresa di Muccino, ma non va oltre la perfetta imitazione del King Richard che, con premeditazione maniacale e umile sacrificio, portò le sue figlie diventare le più grandi tenniste della storia.  

MIGLIOR REGIA

Ed eccolo qua il vero sconfitto della serata!

Con 12 nomination Il potere del cane della regista neozelandese Jane Campion (seconda nomination per lei e terza donna a vincere questo premio nella storia degli Oscar), è uno dei prodotti di streaming che ha provocato più divisioni nel parere del pubblico. C’è chi lo ha esaltato e dato per favorito fino all’ultimo nelle principali categorie e chi lo ha ridimensionato (per non dire bocciato). Innegabilmente si posiziona tra le produzioni più interessanti dell’anno sia per forma: una splendida atmosfera malinconica che incornicia notevoli attori, sia per contenuto: la storia di un’eroica illusione mantenuta ancora in vita da chi non accetta l’evoluzione dei tempi.

La meritatissima statuetta risuona come ennesimo contentino dell’Academy alla sua sempre più palese nemesi: Netflix.  

MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE

A convincere i votanti stavolta è stato il sincero e appassionato racconto del regista Kenneth Branagh riguardo la sua infanzia nella Belfast degli anni ’70, tra guerra civile e scontri ideologici che creano scissioni profonde nella coscienza di un bambino, il quale vuole solo divertirsi e vedere la sua famiglia unita.

Un film classico (anche troppo) che perde di autenticità nell’eccesso di ardite performance registiche che risultano superflue in un contesto “di quartiere”, dove ciò che conta sono le emozioni dei personaggi alle prese con il conflitto restare/scappare.

Il tutto è filtrato da un bianco e nero plasticizzato e troppo pulito per lo sporco della guerriglia urbana (che d’altronde non riceve neanche la nomination alla miglior fotografia).

MIGLIOR FILM INTERNAZIONALE

Mai premio fu più assicurato e predetto dalle statistiche di innumerevoli altri premi nel mondo e dal fascino che Drive my car del giapponese Ryosuke Hamaguchi ha esercitato su tutta la critica. Purtroppo non si può dire altrettanto di noi e di buona parte del pubblico che, nonostante l’ottima premessa di introspezione umana nel rapporto tra un regista e la sua musa nell’arte come nell’eros, e le imprevedibili situazioni di paradosso emotivo che il cinema orientale è solito creare, restiamo inermi e sconcertati dalla poca fruibilità di una storia statica (dalla lunghezza imbarazzante) e forse mal adattata al mezzo cinematografico.

Se proprio si deve affrontare l’analisi della reazione ad un lutto e la conseguente scintilla creativa, preferiamo la dirompente e luminosa rappresentazione della giovinezza di Sorrentino nel suo malinconico e mai così ironico È stata la mano di Dio.   

  

MIGLIOR FOTOGRAFIA – MIGLIOR MONTAGGIO – MIGLIOR SONORO – MIGLIOR COLONNA SONORA – MIGLIOR SCENOGRAFIA – MIGLIORI EFFETTI SPECIALI

Signori fate largo! Ecco il bottino di guerra ricco e strameritato per il film che, dopo due anni di pandemia e di inarrestabile deperimento della sala in favore dello streaming, ha ridato dignità e vigore alla visione su grande schermo di quello che è soltanto l’inizio di un’epopea stellare: Dune di Denis Villeneuve!

6 statuette vinte su 10 nomination è il risultato migliore di questa edizione. Premi tecnici, direbbe qualcuno. Sì! Perché il cinema è prima di tutto spettacolo, e non c’è niente di più affascinante che essere trasportati in un altro mondo dalle immense capacità produttive, sia visive che sonore, di un’opera che avvolge lo spettatore per tutta la durata (non percepita) della visione condivisa nel buio del cinema.

Tratto dall’omonimo romanzo di Frank Herbert del 1965 e nettamente superiore al tentativo di David Lynch del 1984, questo imponente 1° capitolo della saga è l’esempio più nobile di fusione tra la fantascienza dell’impossibile e la tangibile metafora dei pregi e dei difetti della razza umana schiava del potere e dell’ambizione, ma in cerca di redenzione per mano di un eletto. Come i popoli che resistono nel deserto (del buon cinema) non siamo mai stati così ansiosi di veder spuntare dalle sabbie un nuovo capitolo!

Una menzione speciale ai grandi esclusi:

Licorice Pizza

Macbeth

West Side Story (anche se vince miglior attrice non protagonista)

Flee

Don’t look up  

Amantea Comics

Amantea Comics

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